Chiellini saluta la Nazionale: capitano vero, gesto che emoziona

Capitano vero, giocatore d’altri tempi. Sempre pronto a metterci la faccia, con onestà e coraggio. E soprattutto, intelligenza. Il capitano degli azzurri, Giorgio Chiellini, sarebbe pronto all’addio alla Nazionale. Incertezza sul quando, ma molta emozione per la cessione della fascia quando nell’inutile Turchia-Italia, dove tanti giovani hanno dimostrato che un posto lo meritano, c’è stato anche spazio per un momento toccante, ma necessario del “meno” giovane in campo e capitano vero: il passaggio della fascia da Giorgio Chiellini a Gianluigi Donnarumma.

Un gesto simbolico, a fine partita, che ha sfiorato una narrazione emozionale, intensificando un addio alla maglia che, a 38 anni quasi, il capitano avverte come inevitabile.

Il gesto del “Chiello” che è stato sereno, netto, sicuramente maturato nella consapevolezza che attendere altri quattro anni sarebbe arduo e forse anche lontano dai suoi obiettivi professionali, fra le ipotesi quella di futuro dirigente nella Juve o un’avventura negli USA in MLS con la famiglia al seguito.

Ma Chiellini la nazionale la lascia perché ha deciso di affrontare senza rimorsi il prossimo futuro, consentendo alle nuove generazioni azzurre di affacciarsi senza il filtro dei senatori. Il capitano, quando è stato richiamato dalla panchina per essere sostituto da Bastoni, si è tolto la fascia dal braccio, l’ha baciata e l’ha messa su quello di Gigio Donnarumma in un passaggio che ha impressionato, anche coloro i quali non lo hanno apprezzato in passato o criticato.

Un addio certamente triste per Giorgio Chiellini che la passerella d’onore se l’è riservata a Wembley contro l’Argentina: il difensore cercherà di preservarsi e di arrivare in forma per il suo probabilissimo saluto alla maglia azzurra, che ha onorato con dei numeri da top player, nello stadio che lo ha visto trionfante agli europei. Per un un amore ‘azzurro’ nato il 17 novembre 2004 con Marcello Lippi CT con, adesso, 116 presenze e 8 gol. Giorgio Chiellini, una delle poche bandiere rimaste oggi nel calcio.

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Cara Italia, contro la Macedonia “a pallone” non puoi e non devi perdere…

Ci sono cose che non puoi permetterti di fare: e se sei l’Italia – a calcio – non puoi permetterti di perdere contro la Macedonia, 69ª Nazionale del ranking. Un’Italia avulsa e spompata a cui va detto certamente “grazie” per il titolo europeo meritato arrivato in estate, ma di ricordi, si sa, non si può vivere. Perché la vita va avanti e gli obiettivi da centrare vanno centrati.

Trentacinque tiri, zero gol. La partita contro la Macedonia si può tristemente racchiudere in questa statistica che indica la oramai cronica incapacità degli azzurri a trovare la via della rete. Perduta, come i Mondiali in Qatar, un fallimento irrimediabilmente concretizzatosi al 92′ con il tiro a fil di palo di Trajkovski dove Donnarumma si è allungato, senza arrivarci.

Inutile girarci intorno, l’Italia è stata eliminata perché non sa più segnare: onore alla Macedonia che ha svolto una gara di lotta e governo trovando l’unico tiro della gara e andando a segno. Ma l’Italia del calcio pluristipendiato non può permettersi una tale figura. Una nazione dove nelle squadre di club di giocatori italiani, soprattutto giovani, se ne contano sempre meno. Basti pensare a Verratti, centrocampista in grado di poter giocare ovunque in Europa, partito a 19 anni alla volta della Francia senza mai debuttare in Serie A.

Gli azzurri possono e devono recriminare solamente nei confronti di sè stessi e per avere palesato in oltre 90 minuti una evidente incapacità di andare in gol. La fotografia è quella di Domenico Berardi che a porta vuota accompagna il pallone tra le braccia di Dimitrievski al 30’.

Tutte fuori dalla Champions League già a marzo le quadre di club italiane, alle quali ora si aggiunge la triste Italia di ieri sera fuori dal mondiale per la terza volta nella storia, seconda consecutiva eliminata ai gironi dalla mediocre Svizzera e adesso dalla sufficiente Macedonia: quando si tratta di giocare in Serie A tutti fenomeni, poi assoluti comprimari oltre i confini. Complice anche che tanti dei convocati di Mancini non giocano nemmeno in squadre che l’Europa la “bazzichino”. Ma ieri è storia recente e storia triste. Il punto non è che l’Italia non ci abbia provato nella notte del ‘Barbera’, anzi. A volte però provarci non basta, bisogna riuscirci. Italia a casa, nel Mondiale invernale tanto criticato, ma che Mondiale è e al quale noi non ci saremo. Di nuovo.

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La Juve resta, Paulo Dybala no: nel calcio dei procuratori l’addio della ‘Joya’ ai colori bianconeri

Ora è praticamente ufficiale. Paulo Dybala lascerà la Juve al termine della stagione. Non c’è stato accordo con il suo procuratore. È finita l’era Dybala in bianconero.

“Non può vivere per quello che ha fatto in passato. Parlo da osservatore e non da dirigente della Juventus: da osservatore dico ‘Arrivabene, rinnovagli a 5 anni a 20 milioni’, a me non frega niente. Anche se mi fa solo 2 giocate mi stropiccio gli occhi perché tanto i soldi non li esco io. Da dirigente però non posso avere un capitano che mi deve trascinare a 29 anni e che 12-14 partite l’anno è matematico che mi sta fuori. È vero che potrebbe diventare un leader tecnico, ma non posso avere uno fragile emotivamente. Se ti vanno bene le cose ti fa le giocate, se vanno male lo definisco quasi un ‘bambinone piangione’”. Così Paolo Di Canio aveva definito nelle scorse ore il giocatore argentino a Sky Sport.

Impossibile da un lato dargli torto a Di Canio. In un calcio dove sempre più sono i procuratori a fare la differenza, certamente anche lo stato fisico “troppo gracile” del 10 bianconero ha fatto la differenza. L’offerta della Juventus non ha convinto l’entourage di Paulo Dybala anche perché la Joya ha sul piatto due offerte economicamente più rilevanti. Lasciamo ora però da parte i paragoni. Specialmente con chi in passato, bandiera della società degli Agnelli, il contratto pur di restare alla Juve lo firmò in bianco. Buona fortuna “Paulino”. Tu non resti. La Juve si!

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L’informazione è la più grande ‘arma’, nel bene e nel male

Ha fatto irruzione nello studio del tg di Channel 1, la più importante emittente televisiva della Russia. In diretta ha esposto un cartello che recita: “No alla guerra. Non credete alla propaganda. Qui vi stanno mentendo”.

Marina Ovsyannikova, giornalista di Channel 1, ha scelto le telecamere della tv per una delle proteste più plateali viste in questi giorni di guerra in Ucraina. Brava, e coraggiosa. Uno schiaffo in faccia al regime, e all’aggressione. Con l’informazione, che nel bene o nel male, è sempre la più grande arma.

Nelle immagini andate in onda la conduttrice del tg, nonostante l’irruzione alle sue spalle, continua a leggere le notizie, ma dopo alcuni istanti parte un servizio e gli spettatori non riescono a vedere come va a finire la protesta. Il filmato è stato salvato e condiviso sui social, dove è diventato virale.

Secondo quanto riportano i media internazionali, Marina Ovsyannikova è stata arrestata e interrogata. Poi dopo un ingente multa, è stata rilasciata. La giornalista, poco prima dell’irruzione in diretta, aveva pubblicato un video in cui spiegava la sua posizione: “Quello che sta succedendo ora in Ucraina è un crimine e la Russia è il paese aggressore. La responsabilità di questa aggressione ricade sulla coscienza di un uomo, e quell’uomo è Vladimir Putin. Mio padre è ucraino, mia madre è russa. Non sono mai stati nemici. Questa collana al collo è un simbolo che la Russia deve fermare immediatamente questa guerra fratricida e le nostre nazioni fraterne possono ancora fare la pace”.

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Ormai della pandemia si sono dimenticati in troppi: e i casi aumentano di nuovo…

Nonostante per molti l’emergenza pandemia sembra essere terminata, in Umbria si registra il maggior incremento di nuovi casi di Covid-19. A rivelarlo è la Fondazione Gimbe che segnala come qui negli ultimi sette giorni il contagio sia cresciuto del 37,4 per cento a fronte di una media italiana dell’1,5 per cento.

Dati di nuovo preoccupanti arrivati a questo punto, confermati e valori superiori a quelli medi del paese confermati anche dal Nucleo epidemiologico regionale, che certifica sul territorio un andamento crescente del Covid-19: l’Rt è balzato all’1,48 (giovedì scorso era a 0,89), mentre l’incidenza settimanale mobile si attesta a 897 (era 604).

L’assessore regionale Luca Coletto ammette l’aumento dei casi e giustifica così il crescere degli stessi: “Da una parte la diffusione al 60 per cento della variante Omicron2 sicuramente più contagiosa, dall’altra un calo di attenzione di tutti nell’adottare le precauzioni. Fortunatamente gli indicatori di gravità, quindi ricoveri e occupazione posti in terapia intensiva, non si muovono in positivo”.

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Carburanti alle stelle, dopo le bollette folli una mazzata senza precedenti

Carburanti alle stelle, e costi che unitamente a quelli delle bollette per tante famiglie italiane sono ormai proibitivi. La guerra in Ucraina pesa anche sull’economia. Proseguono senza sosta gli incrementi sulla rete carburanti, che arrivano a livelli folli e senza più freni. In base all’elaborazione di Quotidiano Energia, il prezzo medio nazionale praticato della benzina in modalità self sale a 2,004 euro al litro (solo venerdì scorso era a 1,912), con i diversi marchi compresi tra 1,994 e 2,032 euro al litro (no logo 1,971). Ma sale follemente anche il prezzo medio del diesel self, che arriva a 1,901 euro al litro (venerdì 1,788) con le compagnie posizionate tra 1,881 e 1,977 euro al litro (no logo 1,891).

Sempre in base alla fonte ufficiale sopra citata, i colorati mostrano prezzi medi praticati tra 2,069 e 2,226 euro al litro (no logo 2,014). La media del diesel servito vola a 2,019 euro al litro (venerdì 1,921), con i punti vendita delle compagnie con prezzi medi praticati compresi tra 1,999 e 2,095 euro al litro (no logo 1,930). E non sono da meno Gpl e metano. I prezzi praticati del Gpl risultano ancora in salita e vanno da 0,859 a 0,879 euro/litro (no logo 0,854), mentre il prezzo medio del metano auto si posiziona tra 1,854 e 2,021 (no logo 1,975). Una stangata, non da poco, che preoccupa tutte le famiglie. E oggi fare 20 euro alla macchina significa tenerla a “dieta”. Incredibile.

Foto: Freepik

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Fermate questa ignobile guerra: lo chiedono i civili e i bambini innocenti!

È una guerra inaccettabile. Quello che si sta combattendo in Ucraina è un conflitto assurdo e vile. Lo è perché a rimetterci sono poveri civili innocenti, con famiglie e bambini costretti a scappare e rifugiarsi sotto al grande freddo che da quelle parti non conosce tregua.

Una guerra che va avanti anche quando si tratta sui tavoli la pace, con incontri che fin qui a poco sono serviti. E le immagini sono forti, quelli che arrivano dall’Ucraina sono filmati che spezzano il cuore, quando già in queste ora stanno venendo meno anche le forniture alimentari.

E il mondo si mobilita a favore della Pace, con messaggi provenienti da ogni parte della Terra. Un forte messaggio partito anche da Assisi, terra di San Francesco, dove in tanti si stanno organizzando per non lasciare solo il popolo ucraino.

Perché al di là delle motivazioni – mai giustificate con una guerra, al di là di quello che il passato possa aver portato in determinate aree geografiche dell’Europa e del mondo, in questo 2022 così complicato di suo, un conflitto armato è inaccettabile.

Evacuate i civili perché loro non c’entrano niente! Perché non resta che sperare e fermare questa ignobile guerra. Fatelo in nome delle tante famiglie e dei tanti bambini. Affinché sul loro volto torni la felicità che si meritano.

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