La “folle” invasione della Russia in Ucraina. Torna la guerra, perché?
Quanto sia assurda la guerra lo sappiamo tutti, specialmente nel 2022, specialmente in un periodo così complesso. Nella guerra c’è sempre una parte con cui stare: i civili innocenti, non esistono guerre chirurgiche nè bombardamenti intelligenti.
Putin ha “deragliato” dando vita alla sua politica di potenza, con un’invasione che – lui stesso – non chiama “guerra” ma “obiettivo da raggiungere”. E ciò lo sappiamo, non è vero. Ma in questo clima e con questa politica, nessuno è completamente innocente, se non i civili.
Ora c’è solo da sperare che tutto questo duri poco. Per tutto il mondo oggi è un giorno nero. L’Europa pensa alle sanzioni – giustamente – ma deve tener conto che lei stessa verrà “sanzionata”: con i costi alle stelle, le borse impazzite, il gas e il petrolio oltre i limiti, così come il grano.
Mentre tutti da stamattina intanto si chiedono: perché la Russia ha iniziato la guerra in Ucraina? Con l’inizio dell’operazione militare, chi non segue costantemente la politica internazionale non riesce a capirlo. Per capirne le ragioni è ovviamente necessario fare un passo indietro. L’Ucraina nasce come Stato indipendente nel 1991, a seguito della dissoluzione dell’Unione Sovietica, ma sperimenta una crescente instabilità, soprattutto agli inizi del nuovo millennio, data dalla contrapposizione tra i fautori dell’avvicinamento all’Unione Europea e all’Occidente e i sostenitori del legame storico con la Russia.
La contrapposizione si fa evidente con la presidenza di Viktor Yanukovych (eletto nel 2010 ma in precedenza primo ministro). È sotto la sua leadership che il Paese vira decisamente verso la Russia. Questo spostamento dell’asse politico si palesa nel 2013 con il rifiuto, da parte di Yanukovych, di firmare l’accordo di associazione e libero scambio con l’Unione Europea. Immediate (siamo in novembre) le proteste di piazza (che prendono il nome di “EuroMaidan” e in cui sono presenti nazionalisti filo-occidentali e antirussi, alcuni dei quali neonazisti), che infiammano il Paese, fanno un centinaio di morti e si concludono, tre mesi più tardi, con la fuga di Yanukovych.
Non passa neanche un mese che l’Ucraina perde un pezzo del proprio territorio: nel marzo 2014 infatti la Russia sancisce ufficialmente la secessione della Repubblica di Crimea dall’Ucraina e la sua annessione alla Federazione Russa. Pochi giorni prima, gli abitanti della regione (a maggioranza russofona) avevano espresso mediante referendum (considerato illegale dalla Corte costituzionale ucraina) la volontà di tornare sotto la sovranità di Mosca ma di fatto il processo di riannessione della Crimea alla Russia era iniziato quando migliaia di militari russi privi di mostrine ne avevano preso il controllo.
La regione del Donbass, nell’Est dell’Ucraina, segue a ruota l’esempio della Crimea, scatenando una guerra civile nelle province di Donetsk e Lugansk, che si autoproclamano repubbliche indipendenti (si tratta delle due repubbliche riconosciute da Putin nel discorso di pochi giorni fa). Nel febbraio 2015, con l’accordo detto Minsk II, si giunge a un cessate il fuoco ma gli impegni assunti in quel momento non vengono del tutto rispettati dalle parti, con la conseguenza che il conflitto prosegue di fatto ininterrottamente fino a oggi. Su tutta questa situazione incandescente si innesta il progressivo allargamento a Est della Nato (a eccezione degli Stati dell’ex Jugoslavia, tutti i Paesi entrati nell’Alleanza Atlantica dal 1990 a oggi erano parte dell’Unione Sovietica o legati a essa dal Patto di Varsavia: parliamo di Lettonia, Lituania, Estonia, Polonia, Romania, Bulgaria, Repubblica ceca, Slovacchia, Ungheria) e il timore da parte della Russia che l’Ucraina possa entrare a far parte del Patto atlantico: una prospettiva inaccettabile per Putin che avrebbe così gli americani sul portone di casa.
Il resto è storia di oggi. Con i missili e le bombe. Con un pensiero – unico – ai tanti innocenti e con la speranza che il tutto non si “allarghi” vista la chiarezza con la quale lo stesso Putin ha esortato gli altri stati “a non entrare in faccende altrui”. È iniziato tutto solo oggi. Ma speriamo – non sarà facile – che finirà domani.
Stefano Berti Nulli, per i più Stefano Berti, sposato e padre di due figli, è imprenditore libero professionista e giornalista pubblicista. Nel 2005 ha co-fondato la F.lli Berti Comunicazione e Design s.n.c., oggi nota con il marchio BN COM, di cui è socio e amministratore e della quale fa parte Berti Design dove svolge il ruolo di account executive. Nel 2016 ha co-fondato il gruppo editoriale Assisi News, di cui fanno parte le testate online Assisi News, Assisi Sport, Assisi Eventi e Umbria Social, di cui è direttore responsabile. Nel 2020 ha ideato la trasmissione online inStudio di cui è conduttore.
Interessato a sport, cultura, politica ed economia, tifoso della Juventus, ama profondamente Assisi, sua città natia, dove oggi risiede con la famiglia a cui è legatissimo. Appassionato di cucina, viaggi ed amante degli animali, è esperto in comunicazione, laureato in Comunicazione Internazionale all’Università per Stranieri di Perugia. Nel 2022 ha deciso di dar vita a questo blog, per diffondere e trattare argomenti di interesse comune anche con un punto di vista personale.