Solo quando perde la Juve tutto è concesso?…

Sabato 10 giugno 2023. Finale di Champions League 2022/2023: Manchester City-Inter 1-0, con il gol di Rodrigo che regala la vittoria al City di Guardiola, da oggi primo allenatore al mondo a fare due ‘triplete’. Seconda Champions per il tecnico spagnolo e ‘tris’ negativo delle italiane – Roma, Fiorentina e appunto Inter – che perdono le tre rispettive finali in tutte le competizioni europee.

Tre finali perse con il calcio italiano che si conferma (e sì, si conferma!) nuovamente senza trofei continentali a fine stagione, con gli sfottò ai ‘perdenti’ subito partiti via social e non solo.

Il tutto in un’annata dove anche la Juventus (mia amata squadra del cuore, come tutti sanno) ha recitato un ruolo da “protagonista” – non solo in campo ma anche in procura – fra udienze, sentenze e giudizi, ‘massacrata’ senza fine da media e tifosi avversari, spesso in maniera fin troppo pesante e oltre il limite del consentito. Ma di questo, come sempre, non si ricorda nessuno perché nel calcio italiano vige la regola: “Due pesi e due misure”.

Ed è qui che dunque parte la sana riflessione, anche prendendo spunto da ‘amici’ juventini i quali leccandosi qualche ferita, ne escono alla fine più soddisfatti per le tre ‘disgrazie’ altrui, di cui la terza – per i sopra citati – vera ciliegina su una torta di inizio estate.

A leggere i commenti di chi si definisce “sportivo” sembrerebbe che nessuno aveva mai gufato né a Berlino né a Cardiff (per non andare troppo lontano) le finali disputate dalla Juve nella massima competizione europea, e poi che il detto “andarci vicino conta solo a bocce” valga solo ed esclusivamente per la squadra bianconera. Poi se analizzi il fattore campo, apriti cielo: quando perdono una finale, le “altre” lo fanno sempre a testa alta e con “orgoglio”, la Juventus invece perde e basta e dovrebbe vergognarsi dei propri giocatori, dei tecnici, di tutti: insomma quando a perdere sono gli altri c’è solo da esserne “orgogliosi”.

Noi juventini quando perdiamo dobbiamo accettare di buon grado gli sfottò di tutti, ma quando abbiamo l’occasione di ‘contraccambiarli’ tocca – per loro – stare zitti perché altrimenti si offendono, quasi a dover dire “prendi tutte le secchiate senza sosta, incassa e porta a casa”. Non funziona così… Permalosi!

I titoli italiani conquistati sono di estremo valore tanto da farci caroselli e programmare bus scoperti solo se a vincerli (con cadenza solitamente molto lenta sul calendario) sono gli altri, mentre quelli della Juve – che ne ha vinti altri nove di fila, non più di tre anni fa l’ultimo, non erano gli stessi.

Poi c’è pure il “siamo tra le prime due d’Europa” che acquista valore solo se la seconda non è la Juve. E diventa importantissimo solo in presenza altrui sottolineato dal fatto che “meglio perdere in finale che uscire ai gironi” perché per gli “altri” il piazzamento è un titolo da portare a casa con grande vanto ed “orgoglio”.

Bene, ne potrei elencare altre mille, ma la sintesi nel gioco del pallone è solo una: una vince e le altre arrivano dietro, e se arrivi dietro non ti ricorda MAI nessuno.

E allora – fra una plusvalenza e un’altra, si spera ormai concluse – di cui però non parla mai nessuno degli “altri”, tutti intenti a prenderne seriamente le distanze per paura di finirci dentro, l’augurio è quello di una buona estate a tutti, anche a chi rosica e porta il “bregno”. Perché il tifare “italiano” è troppo spesso – soprattutto nel calcio – per molti una grande ipocrisia. E perché mai come questa volta – dopo aver sparato a zero sulle anticipate ‘disgrazie’ bianconere – con il famoso diktat “Fino al Confine” ci si sono sbattuti contro in troppi, anche – per qualcuno – “Fino a prima di quel Confine”.

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